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Il valore del supporto psicologico
nella mielofibrosi

Il valore del supporto psicologico nella mielofibrosi

Convivere con una malattia oncologica cronica come la mielofibrosi (MF) non significa soltanto gestire sintomi, terapie o trasfusioni. Oltre alle sfide fisiche, ci sono quelle emotive e sociali: ansia, tristezza, paura di perdere autonomia, difficoltà nei rapporti con gli altri.

Negli ultimi decenni, la cura oncologica si è evoluta: non si pensa più solo a combattere la malattia ma anche a preservare la qualità di vita
e la dignità del paziente durante tutto il percorso di cura.1 In questa prospettiva, il supporto psicologico è diventato un aiuto essenziale.

Cos’è il supporto psicologico e quali sono i suoi benefici?

La psico-oncologia è una disciplina che aiuta a gestire gli aspetti psicologici, emotivi e sociali legati alla malattia oncologica, offrendo supporto psicologico a chi affronta un tumore, come la mielofibrosi.

Attraverso colloqui e tecniche psicoterapeutiche specifiche, questo supporto piscologico offre al paziente:

  • uno spazio relazionale e terapeutico sicuro in cui non sentirsi soli;
  • ascolto competente e comprensione empatica in assenza di giudizio;
  • potenziamento delle risorse personali e della resilienza;
  • strumenti concreti per gestire emozioni e decisioni, affinché il paziente possa sentire ed avere tutto il controllo possibile sulla sua malattia.

Chi riceve questo aiuto impara ad affrontare meglio i cambiamenti della quotidianità e a gestire in modo più consapevole la malattia, come riportato anche nello studio italiano “Back to Life” sull’impatto della mielofibrosi sui pazienti e i loro caregiver.2 Questa migliore gestione dei sintomi psico-fisici, oltre a far star meglio il paziente, lo rende più consapevole del percorso di cura, aumentandone l’adesione alla terapia, con effetti benefici sulla sua prognosi e sopravvivenza.

Il sostegno psicologico può essere fornito non solo mediante sessioni individuali con uno psico-oncologo o psicoterapeuta, ma anche attraverso la partecipazione a gruppi di sostegno. Partecipare a questi gruppi dà la possibilità ai pazienti di condividere le proprie esperienze con altre persone che stanno affrontando situazioni simili, aiutandoli a sentirsi meno soli, ad esprimere le emozioni e condividere le esperienze. I gruppi sono solitamente composti da persone di diversa età e genere, e a volte anche con malattie diverse. In questo caso, però, è importante per i partecipanti che le loro malattie abbiano caratteristiche e impatti sulla vita paragonabili.
Anche se talvolta sono gestiti dai pazienti stessi, in genere funzionano meglio con la guida di un facilitatore formato nella conduzione di gruppi. Questa figura aiuta a mantenere un clima sereno e costruttivo ed è fondamentale soprattutto nei momenti delicati, come un peggioramento della malattia o la perdita di un membro del gruppo, situazioni che possono suscitare emozioni intense e creare tensioni.

Quando serve il supporto psicologico?

L’impatto della malattia sul benessere psico-fisico del paziente non si manifesta solo negli stadi avanzati di malattia. La mielofibrosi può influire
sul benessere psico-fisico del paziente fin dal momento della diagnosi, che è spesso una fase delicata da affrontare. 

Per questo motivo, è fondamentale che il paziente possa usufruire di supporto psicologico al bisogno e sin dall’inizio del suo percorso di cura. Inoltre, è cruciale che tale servizio sia accessibile, sia burocraticamente (facilmente attivabile dal paziente che ne ha bisogno) sia economicamente (servizio gratuito o a basso costo).

Cos’è emerso dal progetto BEAT?

L’accesso al supporto psicologico è stato uno dei temi su cui il progetto BEAT si è concentrato.

Nel questionario online diffuso con il supporto dell’Associazione Italiana Pazienti con Malattie Mieloproliferative (AIPAMM), solo l’8% dei 157 pazienti con MF che hanno risposto ha dichiarato di usufruire di supporto psicologico (Figura 1.A), e il 15% di partecipare a un gruppo di sostegno (Figura 1.B). Questi numeri evidenziano come l’accesso al supporto psicologico sia purtroppo ancora molto limitato, segno che l’offerta va potenziata e resa più visibile.



Figura 1. Risposte dei pazienti raccolte tramite un questionario online, nell’ambito del progetto BEAT. Delle 157 risposte raccolte, solo l’8% usufruisce di supporto psicologico (A) mentre il 15% partecipa a gruppi di sostegno.

Come fare a migliorare l’offerta di supporto psicologico?

In alcuni ospedali è già attivo un servizio di supporto psicologico, offerto sia attraverso professionisti interni sia grazie alla collaborazione con associazioni esterne. È il caso, ad esempio, del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, che lavora in sinergia con l’AIL di Bologna (Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e mieloma). 
Guardando al presente e al futuro, l’obiettivo è chiaro: integrare stabilmente la figura dello psicologo clinico nei team di cura, riconoscendo
il sostegno psicologico come parte fondamentale del percorso terapeutico, e lavorando insieme agli altri specialisti per garantire al paziente
non solo più anni di vita, ma anni vissuti con maggior benessere e qualità.

Questo approfondimento è stato realizzato con la collaborazione volontaria della dott.ssa Federica Lo Dato, Medico Specialista in Psicologia Clinica e Responsabile dell’Assistenza Psicologica di AIL Bologna per l’Istituto Seràgnoli, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Bologna, Psico-oncologa
e Consigliera regionale S.I.P.O. (Società Italiana di Psico-Oncologia) per le Regioni Emilia-Romagna e Liguria.

  1. International Health Conference, (‎New York, June-July 1946)‎. (‎1948)‎. Summary report on proceedings, minutes and final acts of the International Health Conference held in New York from 19 June to 22 July 1946. United Nations, World Health Organization, Interim Commission. https://iris.who.int/handle/10665/85573. Ultimo accesso 01 Luglio 2025.
  2. Life for patients with myelofibrosis: the physical, emotional and financial impact, collected using narrative medicine-Results from the Italian “Back to Life” project. Qual Life Res. 2018;27(6):1545-1554. doi:10.1007/S11136-018-1827-2
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