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Capire la mielofibrosi per affrontarla meglio:
il ruolo della comunicazione

Capire la mielofibrosi per affrontarla meglio: il ruolo della comunicazione

La mielofibrosi è una malattia rara, e spesso chi riceve questa diagnosi non ne ha mai sentito parlare prima. A differenza di malattie più comuni, anche le informazioni disponibili – soprattutto in italiano – sono più limitate.

In questo contesto, il ruolo dell’ematologo diventa centrale, non solo per la gestione clinica della malattia, ma anche per fornire fin da subito le informazioni necessarie nel modo più appropriato. È fondamentale che il paziente capisca cos’è la mielofibrosi, come si manifesta, quali trattamenti ha a disposizione e quali potrebbero essere gli scenari futuri.

Affrontare il tema dell’evoluzione della mielofibrosi richiede particolare attenzione, poiché è fondamentale trovare un equilibrio tra chiarezza e sensibilità. Da un lato, è importante non alimentare aspettative poco realistiche; dall’altro, è altrettanto essenziale evitare di suscitare preoccupazioni premature, che potrebbero compromettere il benessere emotivo del paziente, anche quando la malattia ha ancora un impatto limitato sulla vita di tutti i giorni.

Inoltre, il paziente potrà capire che ogni situazione è diversa e che la medicina si basa su dati probabilistici, non su certezze assolute. Per questo motivo, è utile mantenere l’attenzione sul presente e sulla propria condizione attuale, pur ricevendo informazioni chiare e comprensibili sui possibili sviluppi futuri della malattia.

La disponibilità e l’adeguatezza delle fonti d’informazione è stato un tema centrale del progetto BEAT.1 Ricevere informazioni chiare, attendibili e comprensibili non è solo un’esigenza, ma un vero e proprio diritto per ogni paziente. Considerate l’eterogeneità e la complessità della malattia, è fondamentale che chi riceve una diagnosi di mielofibrosi possa accedere facilmente a strumenti e risorse adeguate, per comprendere a fondo la propria malattia e affrontare con maggiore consapevolezza il proprio percorso di cura.

Una persona ben informata e consapevole della propria condizione è una persona più preparata ad affrontare le sfide, in grado di partecipare attivamente alle decisioni che riguardano la sua salute e di mantenere un ruolo centrale nella gestione della malattia.

Quali sono le fonti d’informazione più usate dai pazienti con mielofibrosi?

Attraverso il questionario online rivolto ai pazienti e diffuso con il supporto di AIPAMM (Associazione Italiana Pazienti con Malattie Proliferative), abbiamo chiesto quali fonti d’informazione venissero maggiormente utilizzate per approfondire quattro temi centrali nella gestione della malattia:

  • la mielofibrosi stessa;
  • i trattamenti disponibili;
  • l’anemia associata alla mielofibrosi;
  • le trasfusioni di sangue (l’unico trattamento spesso disponibile per gestire l’anemia negli stadi più avanzati).

Figura 1. Fonti d’informazione utilizzate dai pazienti per informarsi su mielofibrosi (A), trattamenti (B), anemia (C) e trasfusioni (D). In ogni cerchio è riportata la percentuale di rispondenti al questionario che ha selezionato quella specifica fonte, insieme al numero di risposte raccolte. L’ematologo risulta la fonte più utilizzata per tutti i temi affrontati. La voce “Altro” comprende familiari e riviste. MMG: Medico di Medicina Generale.

I risultati del questionario hanno confermato che l’ematologo rappresenta la fonte principale d’informazione per tutti e quattro gli argomenti considerati (Figura 1).

Per quanto riguarda la malattia stessa, circa un paziente su due (49%) ha indicato di aver cercato informazioni anche tramite le associazioni di pazienti (Figura 1.A). Per gli altri temi, invece, il ricorso a queste associazioni risulta meno frequente, (Figura 1.B-D). Un andamento simile è stato osservato anche per internet.

Il medico di famiglia (MMG), invece, viene consultato più raramente dai pazienti. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che la mielofibrosi è una malattia di ambito altamente specialistico, gestita in maniera pressoché assoluta dall’ematologo.

Un dato significativo emerso dal questionario riguarda il livello di informazione su anemia e trasfusioni. Rispetto agli altri temi, il numero di pazienti che ha dichiarato di aver cercato informazioni su questi argomenti è decisamente più basso. Allo stesso tempo, cresce la percentuale di chi ha dichiarato di non aver utilizzato alcuna fonte informativa, in particolare per il tema delle trasfusioni (Figura 1.D, voce “Nessuna”).

L’interesse verso questi aspetti, quindi, sembra manifestarsi principalmente nel momento in cui diventano parte attiva del percorso di cura, ad esempio quando l’anemia peggiora o quando si rende necessario ricorrere alle trasfusioni.

Come valutano i pazienti le informazioni ricevute?

Oltre a indagare le fonti d’informazione utilizzate, è stato chiesto ai pazienti di valutare quanto ritenessero adeguate le informazioni ricevute, relativamente agli stessi quattro temi: mielofibrosi, trattamenti, anemia, e trasfusioni (Figura 2).

La valutazione è avvenuta tramite una scala da 1 a 5, dove 1 indicava “per niente adeguate” e 5 “molto adeguate”.

Figura 2. Valutazione dei pazienti sul grado di adeguatezza percepita delle informazioni ricevute riguardo a mielofibrosi (A), trattamenti (B), anemia (C) e trasfusioni (D). Le informazioni sono state valutate utilizzando una scala da 1 (per niente adeguate) a 5 (molto adeguate). Per ciascun tema sono riportati il numero di rispondenti e il valore medio.

Per quanto riguarda la malattia e i trattamenti disponibili, le informazioni ricevute dai pazienti sono state valutate in media come moderatamente o abbastanza adeguate (Figura 2.A-B). Anche per l’anemia, il livello di adeguatezza percepito si colloca intorno al valore 3 su 5, corrispondente a una valutazione moderata (Figura 2.C). Diversa è invece la percezione relativa alle trasfusioni: le informazioni su questo tema sono state considerate solo poco o moderatamente adeguate (Figura 2.D). Va sottolineato che una valutazione più positiva è stata espressa solo da chi, nella propria esperienza, ha effettivamente avuto bisogno di trasfusioni.

Questo dato sembra confermare quanto emerso anche nell’analisi delle fonti informative: i temi più delicati, come appunto le trasfusioni, vengono spesso affrontati in modo più approfondito solo nel momento in cui diventano parte concreta del percorso di cura.

L’importanza della comunicazione tra medici

La condivisione di informazioni chiare ed efficaci non è essenziale solo nel rapporto tra ematologo e paziente, ma anche nella comunicazione tra l’ematologo e gli altri professionisti sanitari coinvolti nella cura del paziente. Infatti, essendo la mielofibrosi una malattia considerata cronica è estremamente probabile che il paziente abbia la necessità di rivolgersi a più figure mediche nel corso del tempo, dal medico di famiglia ad altri specialisti, soprattutto quando presenta comorbilità. Tuttavia, la mielofibrosi rimane ancora poco conosciuta al di fuori dell’ambito ematologico. Questo può rappresentare un ostacolo nella gestione complessiva del paziente, non solo perché può generare incertezze da parte degli altri specialisti, ma anche perché può costringere il paziente stesso a dover spiegare continuamente la propria condizione.

Per il futuro, l’obiettivo deve essere quello di favorire un approccio multidisciplinare, in cui tutti i professionisti coinvolti abbiano una conoscenza adeguata della patologia e delle sue specificità. Questo permetterebbe di garantire una presa in carico più coordinata, efficiente e centrata sui bisogni reali del paziente, migliorando la qualità dell’assistenza e la continuità delle cure.

  1. Palandri F, Inzoli A, Barone A, et al. Anemia and blood transfusions in m yelofibrosis: economic and organizational impact on Italian patients caregivers and hospitals. Front Oncol. 2025;15:1549023. doi:10.3389/FONC.2025.1549023/BIBTEX

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